Arte e violenza: 10 Artisti che sono contro la violenza sulle donne e che attraverso le loro opere raccontano il loro percorso, le esperienze e le motivazioni che li hanno spinti a compiere queste scelte.
A pochi giorni dalla Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne voglio tornare a parlare di questo tema, un pò perchè sono una donna e mi sento presa in causa e un pò perchè, sono sensibile alle iniziative che i singoli intraprendono per sensibilizzare il pubblico su un tema complesso.
Abbiamo già visto come la pubblicità può arrivare allo cuore e allo stomaco della gente, ma come si comporta l’Arte? Nel post di oggi ho trovato molta ispirazione, molte idee e molti punti di vista interessanti e voglio condividere con te le opere e le azioni che alcuni artisti internazionali hanno intrapreso per rappresentare il fenomeno della violenza sulle donne.
Arte e violenza: 10 artisti contro la violenza sulle donne
Regina José Galindo
Inizio con questa artista e prendo il tema della violenza un pò alla larga. Infatti affermare che questa artista si è occupata solo del tema delle donne è un pò troppo riduttivo.
Regina José Galindo è una performer artist guatemalteca che utilizza il proprio corpo come mezzo di espressione e veicolo delle sue riflessioni sui crimini compiuti nella sua terra d’origine. Nel 2014 il PAC (Padiglione di Arte Contemporanea di Milano) ha ospitato la sua performance intitolata “Estoy Viva“ (Sono viva) una mostra contenitore divisa in cinque sezioni tematiche che, tra le altre, racconta le donne e la violenza.
La performance “Perra” (cagna o puttana in spagnolo) del 2005 è particolarmente intensa e sconvolgente, con un coltello si auto incide la parola “cagna” per protestare e mostrare le violenze e gli assassini perpetrati contro le donne del Guatemala.
Mi rendo conto che le parole possono risultare inadeguate ma ti lascio le parole dell’artista tratte dall’intervista che posto sotto:
“…bisogna capire che assolutamente tutto nel mondo è concatenato e l’errore dell’umanità è stato sentirsi diversi l’uno dall’altro, tutti siamo la stessa cosa. Quello che succede ad una donna in Germania succede anche a me. Siamo un solo individuo, un solo corpo.”
Wall of Dolls
Nel 2014 a Milano, in via De Amicis un muro, come se ne vedono tanti a Milano, è diventato importante testimonianza dell’azione che ogni individuo può intraprendere contro la violenza sulle donne.
Le bambole, il gioco più amato nell’infanzia di tutto l’universo femminile, appese al muro diventano l’espressione della solidarietà tra donne. Questa performance organizzata da Jo Squillo e WeWorld Intervita raccoglie testimonianze importanti anche dal mondo della moda.
I primi ad aderire all’iniziativa sono stati 50 brand di livello internazionale rappresentati del Made in Italy insieme a 20 artiste e diverse onlus appendendo bambole griffate, poi sono arrivati i milanesi che hanno scelto di contribuire portando le loro bambole.
Ecco qualche dato sconvolgente da WeWorld Intervita:
“NEL MONDO 130 milioni di donne hanno subito mutilazioni genitali. 1 donna su 5 è stata vittima di violenza fisica o sessuale.
IN ALCUNI PAESI lo stupro da parte del marito è ancora legale e la brutalità sulle donne è una normale componente culturale.
IN AMERICA una donna ogni 15 secondi viene aggredita, spesso dal coniuge.
IN EUROPA 62 milioni di donne – 1 su 3 – sono vittime di maltrattamenti.
IN ITALIA 1 milione di donne hanno subito abusi e molte non ci sono più.“
Foto via.
Elina Chauvet
Una mattina di novembre del 2012 i milanesi che si stavano recando al lavoro in centro, passando dalla colonne di San Lorenzo, hanno trovato qualcosa di insolito: scarpe rosse da donna.
L’ideatrice di questa iniziativa è l’artista messicana Elina Chauvet che grazie ad una rete di associazioni da tutto il mondo ha portato le sue “Zapatos Rojos” in tour raccontando la storia di violenza e sangue delle donne messicane di Ciudad Juárez (città al confine nord tra Messico e Texas).
La prima volta che le scarpe rosse fanno il loro debutto è nel 2009 proprio a Ciudad Juárez con 33 paia di scarpe che, ad oggi, hanno fatto tanta strada dal Messico all’Italia aggiungendo sempre (purtroppo) qualche nuova testimonianza di sofferenza o di morte: ogni paio di scarpe donate alla performance rappresenta una donna morta o scomparsa e testimonia la violenza perpetrata contro le donne.
Foto Via.
Panmela Castro
Panmela Castro è una attivista femminista che racconta la sofferenza delle donne con la street art. L’artista brasiliana cresciuta alla periferia di Rio de Janeiro e immersa in un modo di arte di strada ma anche di violenza muove i suoi primi passi avvicinandosi al mondo dell’arte con i graffiti e a loro possibilità i raggiungere un pubblico più vasto che si avvicina al messaggio senza pregiudizi. Il suo nome i battaglia è Anarkia.
Il messaggio non è solo espresso sui muri delle città ma si svolge anche con la costante sensibilizzazione riguardo il problema della violenza sulle donne tramite il sodalizio con altre street artist per diffondere la conoscenza del diritto delle donne nelle favelas di Rio, dove spesso le informazioni non raggiungono le dirette interessate. Attraverso la sua arte diffonde le idee e insegna alle donne i loro diritti contribuendo alla formazione di una forte coscienza sociale.
La sua arte che richiama la coscienza sociale è riconosciuta a livello mondiale, non solo per i messaggi che ci comunica ma anche per la precisione e l’abilità. Ti consiglio di vedere questo video anche per scoprire come lavora una grande street artist.
Elvan Özkavruk Adanır e Jovita Sakalauskaite Kurnaz
Queste due accademiche e artiste turche hanno recuperato la tradizione antica delle “camicie talismaniche” in uso nella cultura ottomana: gli antichi usavano queste camicie ricamate con alcuni versi del corano per rendere invincibili i guerrieri in battaglia, proteggere dal malocchio e portare fortuna a chi le indossava.
Il progetto si chiama “Denial of Fear and Despair: Talismanic Shirts” e le opere tessili sono state create per proteggere simbolicamente la donna, ma anche per attirare l’attenzione sui casi di violenza di cui continuano ad essere vittime.
Foto Via.
Erik Ravelo
L’artista cubano Ravelo qualche tempo fa è salito agli onori della cronaca per un motivo un pò strano. Avevamo già scoperto questo artista nel 2011 perchè è stato il creatore della controversa campagna pubblicitaria del Gruppo Benetton “Unhate” dove ritraeva diversi personaggi della politica internazionale nell’atto di baciarsi sulla bocca. Ricordi?
Il motivo dello scandalo riguarda proprio questa campagna sociale “End violence against women“ contro lo stupro che ha realizzato in collaborazione con il fotografo cinese Shek Po Kwan che è risultata molto sgradita a Facebook. Talmente sgradita che l’ha censurata impedendo all’artista di acquistare una campagna pubblicitaria per diffondere questo messaggio. Ovviamente la reazione dell’artista non si è fatta attendere:
“Su Facebook si trova di tutto ho visto promossi post di società di armi, alcolici, intimo per donne mostrate come due chiappe e punto. C’è gente che fa sesso, chi spara agli animali, per non parlare delle pagine razziste o ancor peggio naziste.
E’ un peccato che iniziative come questa, volte a portare un messaggio forte riguardo la difesa dei diritti delle donne, vengano bloccate e danneggiate. Alla fine la campagna non l’ho potuta fare, è arrivata soltanto ai miei amici e a qualche follower”
Comunque, polemica a parte pienamente giustificata, il mio consiglio è di andare a vedere le numerose campagne realizzate da Erik Ravelo e da Fabrica in difesa dei diritti delle donne e sulla mutilazione genitale femminile.
Foto Via.
Alberto Penagos
L’artista messicano Alberto Penagos sceglie la pittura come mezzo di espressione e dipinge la violenza sulle donne in questa serie di opere intitolata “Violence Against Women“. Le opere sono iperrealiste nel senso letterale e figurato, mostrano il dolore e le sensazioni della violenza subita, il disagio e il senso di oppressione che prova lo spettatore è tangibile.
Lise Bjørne Linnert
L’artista norvegese Lise Bjørne Linnert lavora con diversi media e in questo caso la vediamo impegnata in un progetto artistico collettivo dal nome “Desconocida / Unknown / Ukjent“.
In questo progetto contro la violenza sulle donne tutte le persone che desiderano partecipare si impegnano a ricamare due targhette di stoffa, una con il nome di una delle vittime assassinate di Ciudad Juarez (questa città messicana torna spesso nella memoria collettiva degli artisti), l’altra con la parola “sconosciuta” scritta nella lingua e con l’alfabeto del partecipante al progetto.
L’obbiettivo è ricordare con un “filo comune” che le vittime di crimini violenti sono uguali in tutto il mondo, non esiste una differenza di religione, cultura o paese d’origine.
Fino a novembre 2015 si tratta di quasi 7.000 targhette ricamante a mano dai partecipanti ai 450 workshop dedicati al progetto.
Patricia Evans
Il lavoro della fotografa americana Patricia Evans mi ha particolarmente sconvolto.
Si chiama “Hidden in the radiant green, a man waits. In hate-blinded hands, darkness waits” ed è una raccolta di 25 fotografie che ritraggono l’artista americana dopo l’aggressione sessuale subita nel primo pomeriggio a Chicago nei pressi del lago.
Il titolo così esplicativo è tratto dall’ultima frase del libro “Working with avaiable lights” scritto dal marito dell’artista sul tema dello stupro e le relative implicazioni nell’ambito familiare.
Le fotografie sono esposte in maniera fredda e impersonale e sembrano quasi fotografie report della polizia, sia per l’esposizione lineare e la crudezza sia per la ricerca di possibili particolari utili per la cattura dell’assalitore.
Attualmente Patricia Evans è attiva nella lotta alla violenza e raccoglie i volti e le testimonianze delle vittime di assalti sessuali nella collezione “The Voices and Faces Project“. Foto Via.
Flavia Carvalho
Si chiama “A Pele da Flor” (Una pelle da fiore) ed è il progetto molto popolare sul web in questi giorni di Flavia Carvalho una tatuatrice brasiliana che, come la sua connazionale street artist, ha preso a cuore la questione della violenza sulle donne. La sua azione è molto semplice e diretta: realizzare tatuaggi gratuiti alle vittime di violenza domestica per coprire le cicatrici e i segni fisici dell’abuso.
Il servizio che l’artista offre è completamente gratuito e non costa nulla alle vittime. Sicuramente la Carvalho non intende fare in modo che il problema venga nascosto, sa benissimo che le vere cicatrici psicologiche sono dure da digerire. Ecco cosa dice del suo lavoro:
“Tutto è iniziato circa due anni fa, quando ho lavorato con una cliente che voleva coprire una grande cicatrice sull’addome. Mi ha raccontato che si trovava in un nightclub, e quando si voltò un uomo che le era vicino la pugnalò al ventre con un coltello a serramanico. Quando ha visto il tatuaggio finito, era estremamente commossa, e questo mi ha toccato profondamente.”
Foto Via.
[…] deciso di parlarvi dell’arte come mezzo per combattere la violenza. Da un articolo del sito Inspirewetrust.com, ecco alcuni artisti che, attraverso le loro opere, si sono schierati contro la violenza sulle […]
Grazie Valentina, davvero interessante e toccante il tuo articolo. Complimenti mi è stato davvero utile. Grazie Daniela